Reliquia Wojtila, i frammenti tornano all'Aquila

TERAMO – SOno stati reestituiti ieri alla Curia arcivescovile dell’Aquila i frammenti della reliquia di Papa Giovanni Paolo II trafugata dal santuario di San Pietro della Jenca sul Gran Sasso e recuperata dalla polizia di Stato il 30 gennaio scorso. La riconsegna è avvenuta in un evento aperto alla stampa, negli uffici della Questura, alla presenza di monsignor Giovanni D’Ercole, vescovo ausiliario del capoluogo, e di don Carmelo Pagano Le Rose, cappellano della Polizia. La restituzione è stata resa possibile da David Mancini, sostituto procuratore della procura della Repubblica dell’Aquila, che ha emesso un decreto di dissequestro di tutto il materiale religioso rinvenuto dalla Polizia, disponendone la restituzione agli aventi diritto, ossia all’Arcidiocesi. La reliquia era stata rubata dal santuario la notte tra il 25 e il 26 gennaio da tre giovani che, pensando di avere a che fare con un oggetto di grande valore economico, avevano provato a rivendere tutti i pezzi sottratti. Una volta realizzato che il contenuto della teca non era oro e quindi non ne avrebbero ricavato un utile vendendolo, si sono disfatti della reliquia, seppellendola insieme al crocefisso nella campagne vicine alla Basilica di Santa Maria di Collemaggio. Cominciate dai carabinieri, che si erano concentrati subito sulla pista locale escludendo altre ipotesi, le indagini sono state poi proseguite dalla Polizia. L’angioletto dorato è stato ritrovato nella perquisizione a casa di uno dei tre giovani. Le ricerche eseguite da personale della questura e successivamente dalla polizia Scientifica, Unità analisi crimini violenti (Uacv), specializzata nel ritrovamento di tracce (Ert) alla quale aveva partecipato anche ‘Orso’, il cane molecolare addestrato per la scoperta di tracce ematiche, avevano consentito di ritrovare dei frammenti riconducibili alla reliquia contenente il sangue del defunto pontefice. Inoltre personale della Mobile aveva rinvenuto, a casa di uno degli indagati, i filamenti di seta dorata che sostenevano, attraverso una cucitura, la reliquia nella teca. I giovani responsabili erano sono stati molto collaborativi, indicando subito il punto dove avevano seppellito gli oggetti sacri sottratti, ma si erano liberati della reliquia a Tempera, nell’area parcheggio di un alloggio Map dove uno di loro abitava, dopo aver rotto il vetro che la conteneva. Le indagini hanno permesso di accertare anche la sequenza dei fatti che avevano portato al furto della reliquia. Infatti l’idea di sottrarre il reliquiario era di uno dei giovani che, essendo elettricista, aveva svolto dei lavori nell’area della chiesa e collegandosi con il palo dell’Enel, era riuscito a fare luce all’interno ed ad impossessarsi degli oggetti, allontanandosi poi con il complice, mentre il terzo li aspettava in auto ad Assergi.